RICONOSCIMENTO DEL POSSESSO DELLA CITTADINANZA ITALIANA A CITTADINI STRANIERI DI CEPPO ITALIANO (IURE SANGUINIS)
Il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza (iure sanguinis) è regolato dalle seguenti disposizioni nazionali:
- Artt. 1 e 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555;
- Sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 9 febbraio 1983;
- Circolari del Ministero dell’Interno: n. K.28.1. dell’8 aprile 1991, n. 28 del 23 dicembre 2002, n. 32 del 13 giugno 2007 e n. 52 del 28 settembre 2007;
- Legge 28 maggio 2007, n. 68;
- Massimario di Stato civile - edizione 2012 - capitolo IV;
Inoltre, nel Comune di Oricola, il predetto procedimento è disciplinato anche dal “Regolamento comunale sul procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana a cittadini stranieri di ceppo italiano (iure sanguinis) ex art. 1 l. n. 91/1992 ed ex art. 1 l. n. 555/1912”.
LA CITTADINANZA ITALIANA PER DISCENDENZA
La cittadinanza italiana si trasmette, in generale, per sangue e quindi un genitore italiano genera figli italiani, indipendentemente da dove essi nascano.
La richiesta di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana per discendenza (iure sanguinis), e cioè attraverso la linea di sangue, riguarda i discendenti di cittadini italiani nati in uno Stato che invece prevede la cittadinanza ius soli (cioè chi nasce sul territorio di quello Stato ne è cittadino: è il caso dei Paesi americani e dell’Australia). La competenza ad effettuare il riconoscimento della cittadinanza italiana è del Consolato territorialmente competente per le persone residenti all’estero oppure del sindaco del comune dove la persona ha stabilito la residenza per le persone residenti in Italia. Si precisa che il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis presso il comune non è possibile nei seguenti casi:
- il richiedente non è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente del comune;
- il richiedente è registrato nel comune come persona senza fissa dimora: infatti il requisito indispensabile per l’iscrizione anagrafica è la dimora abituale e non il domicilio, e la circolare k.28.1/1991 non fa riferimento all'art.2 della L. n. 1228/1954, ma all'art. 3 del d.P.R. n. 223/1989;
- il richiedente è registrato nello schedario della popolazione temporanea: tra i motivi richiesti dalla normativa per tale iscrizione non vi è quello relativo al riconoscimento della cittadinanza, ed inoltre la circolare k.28.1/1991 non fa alcun riferimento all'art.8 della L. n. 1228/1954;
- il richiedente non residente si avvale di un legale rappresentante o di altra persona in sua vece: il richiedente dovrà avere la dimora abituale nel comune.
Nel caso in cui il richiedente venga cancellato dall’anagrafe della popolazione residente, lo stesso non può presentare l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis al comune di cancellazione; nel caso in cui la predetta richiesta sia stata presentata prima della cancellazione anagrafica, il procedimento iniziato e non ancora concluso decade al momento della cancellazione. La cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente può avvenire per:
- emigrazione (trasferimento in altro luogo);
- morte;
- irreperibilità accertata;
- mancanza del permesso di soggiorno o mancato rinnovo dello stesso.
Premesso che l’azione amministrativa degli Ufficiali dello Stato Civile deve uniformarsi a quanto prescritto dalla Legge e a quanto viene comunicato con le Circolari ministeriali e prefettizie, il Ministero dell’Interno con proprie Circolari n. 26 del primo giugno 2007, e la n. 4 del 20 gennaio 2009, ha sottolineato l’importanza che gli ufficiali di stato civile prestino la massima attenzione «nell’acquisizione e nella valutazione dei documenti che vengono presentati ai fini dell’acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza ... al fine di contrastare e prevenire il fenomeno della falsificazione degli atti nell’ambito delle procedure in materia di cittadinanza. Tanto considerato si ribadisce la necessità dell’effettuazione di maggiori e più accurati controlli sui documenti presentati a corredo delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana.». Pertanto, l’ufficiale di stato civile deve sempre effettuare verifiche approfondite relativamente agli atti prodotti, e, in caso di dubbio, prendere contatti con il Consolato competente per accertare la veridicità del documento presentato.
Si precisa che la documentazione a supporto del riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, è valutata dagli uffici competenti solo a seguito della presentazione di regolare istanza di riconoscimento della cittadinanza da parte delle persone già iscritte nell’anagrafe del comune e che la documentazione consegnata al comune non può essere restituita al richiedente in nessun caso (essendo stata acquisita agli atti dell’Ente), sia che l'esito del procedimento sia positivo sia che l’esito sia negativo.
L’ISCRIZIONE ANAGRAFICA DEI CITTADINI RICHIEDENTI IL RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA IURE SANGUINIS
Come detto, il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis presso il comune può essere avviato solo per i cittadini residente nel comune stesso. L’iscrizione anagrafica dei richiedenti il riconoscimento della cittadinanza italiana segue le regole previste per le iscrizioni di cittadini non italiani:
I documenti da presentare al momento della presentazione della domanda di iscrizione in anagrafe:
- istanza di iscrizione anagrafica;
- passaporto o documento d’identità equipollente in corso di validità;
- un valido titolo di soggiorno tra quelli seguenti:
- permesso di soggiorno;
- richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o ricongiungimento famigliare;
- per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da un paese che non applica l’accordo di Schengen, il timbro Schengen sul documento di viaggio apposto dall'autorità di frontiera;
- per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da paesi che applicano l'accordo di Schengen, copia della dichiarazione di presenza resa dal Questore entro 8 giorni dall'ingresso, ovvero della dichiarazione resa, ai sensi dell'art.109 del r.d. n.773/1931, ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive;
- documentazione idonea a dimostrare il possesso dei requisiti necessari per poter avviare il procedimento finalizzato al riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi dell'art.13, c.1, della L. n.91/1992; (vedi punti successivi);
- codice fiscale;
- documenti originali, in regola con le norme sulla traduzione e legalizzazione, comprovanti lo stato civile e la composizione della famiglia (si tratta di documentazione non obbligatoria ai fini dell'iscrizione anagrafica, che però risulta indispensabile affinché l'ufficiale d'anagrafe possa legittimamente registrare agli atti i dati gli status personali e familiari);
- dichiarazione se si è in possesso di una patente valida in Italia e la proprietà di auto, moto, rimorchi, navi o aerei, registrati nei pubblici registri italiani;
- documentazione comprovante il titolo di possesso o utilizzo dell’alloggio.
L’iscrizione anagrafica è subordinata, prioritariamente, alla verifica della dimora abituale del richiedente, pertanto l’ufficiale di anagrafe dovrà controllare la veridicità delle dichiarazioni rese dall’interessato attraverso una serie di accertamenti presso l’abitazione indicata dal richiedente e mediante l’acquisizione di informazioni da parte di amministrazioni e uffici pubblici e privati.
In mancanza di uno dei requisiti richiesti, l’ufficiale di anagrafe dovrà rigettare l’istanza di iscrizione anagrafica.
Il richiedente che non è in possesso di permesso di soggiorno ma solo di un visto temporaneo, qualora il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana non si concluda entro i primi 90 giorni dall’ingresso in Italia, dovrà richiedere un permesso di soggiorno per riconoscimento della cittadinanza italiana (art.11, c.1, lett. c del d.P.R. n.394/1999). La richiesta di permesso o il permesso stesso dovranno essere trasmessi in copia al comune, per evitare l’avvio del procedimento di cancellazione anagrafica allo scadere del visto temporaneo.
La presentazione dell’istanza di iscrizione anagrafica, corredata dalla prescritta documentazione, può avvenire in qualsiasi momento con consegna della documentazione all’ufficio anagrafe del comune con una delle seguenti modalità: consegna a mano oppure trasmissione tramite PEC o E-mail. La documentazione deve essere sempre corredata dalla fotocopia del documento d’identità del richiedente in corso di validità.
IL PROCEDIMENTO DI RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA IURE SANGUINIS
Possono presentare l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis i cittadini stranieri maggiorenni, residenti nel comune e discendenti da antenati italiani, in possesso della documentazione indicata dalla vigente normativa in materia.
Nel Comune di Oricola le modalità ed i tempi di lavorazione della richiesta sono quelli previsti dalle norme sul procedimento amministrativo e dal “Regolamento comunale sul procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana a cittadini stranieri di ceppo italiano (iure sanguinis) ex art. 1 L. n. 91/1992 ed ex art. 1 L. n. 555/1912”; a tal proposito si segnala che la domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis al Comune di Oricola va presentata all’Ufficio dello Stato Civile previo appuntamento; ogni appuntamento è riservato ad una sola istanza. Il termine di conclusione del procedimento è fissato in 180 giorni, al netto delle interruzioni procedimentali.
Il giorno dell’appuntamento, il richiedente deve presentare la seguente documentazione:
- istanza in marca da bollo da Euro 16,00 per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis (in originale);
- estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero rilasciato dal comune italiano ove egli nacque (in originale);
- atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti gli ascendenti in linea retta, compreso quello della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana (in originale);
- atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all’estero (in originale);
- atti di matrimonio degli ascendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana (in originale);
- certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato Estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente dell’interessato (in originale);
- titolo di soggiorno e/o passaporto (nel caso in cui il cittadino non abbia un titolo di soggiorno, ma solo il visto Schengen sul passaporto, la permanenza sul territorio italiano dello stesso è limitata a 90 giorni decorrenti dalla data del visto sul passaporto; all'arrivo in Italia, entro 8 giorni, il richiedente dovrà effettuare la dichiarazione di presenza in Questura);
- certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea retta né la persona che richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555 e della legge 5 febbraio 1992 n. 91 (in originale);
- certificato di residenza (in originale).
I certificati di cui ai punti 8. e 9. possono essere acquisiti anche dall’ufficio comunale preposto.
I documenti di stato civile di cui ai punti da 2. a 6., devono essere tradotti integralmente e legalizzati, e devono riguardare tutta “la catena familiare”: dall’avo (cioè il parente partito dall’Italia) fino al rivendicante il possesso della cittadinanza per sangue (gli atti di morte ovviamente solo per chi è già deceduto). Devono essere tradotti e legalizzati anche il certificato di non naturalizzazione straniera (con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui l'avo è indicato sugli atti di stato civile) e l’eventuale certificato di naturalizzazione con data di acquisto della cittadinanza straniera ben chiara (diversamente è necessario presentare copia della sentenza di naturalizzazione straniera da cui risulta la data del giuramento), che deve essere successiva alla nascita del figlio, nonché ascendente dell’istante. Inoltre, se il richiedente fosse a conoscenza di un’eventuale naturalizzazione di un membro della “catena familiare” o se uno di questi si fosse trasferito in un altro Stato, anche per lui bisognerà produrre il certificato di non naturalizzazione (sempre con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui egli è indicato sugli atti di stato civile), o di naturalizzazione con data chiara, a seconda del caso; come per tutti i certificati in lingua straniera, anche questi ultimi devono essere in regola con le norme sulla traduzione e sulla legalizzazione.
Eventuali sentenze (in originale o in copia conforme) prodotte a corredo dell’istanza devono poi essere in regola con le formalità di traduzione e legalizzazione e dovranno essere accompagnate dalla certificazione attestante il passaggio in giudicato delle stesse..
Per quanto riguarda la validità temporale dei documenti stranieri, secondo un parere del 2016 dell'Ufficio III della Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, competente per le questioni attinenti alla cittadinanza, la validità dei documenti e certificati stranieri è da considerarsi analoga a quella prevista per i documenti italiani, prevista dall'art. 41 del d.P.R. 445/2000, in cui è affermato che: "I certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni hanno validità illimitata. Le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data di rilascio se disposizioni di legge o regolamentari non prevedono una validità superiore.". Pertanto, in linea generale, si possono dare le seguenti indicazioni:
- i certificati e gli atti di morte hanno validità illimitata;
- tutta la documentazione relativa a persone decedute e rilasciata in una data successiva al loro decesso, ha validità illimitata;
- tutta la documentazione diversa da quella appena elencata ha validità di 6 mesi.
Si tenga comunque presente che, non avendo la normativa italiana previsto un elenco esaustivo dei documenti che abbiano validità illimitata, la definizione di documento "non soggetto a modificazioni" può essere oggetto di valutazione da parte del pubblico funzionario che riceve la documentazione, e in ogni caso, in presenza di dubbi rispetto ai dati contenuti nella documentazione presentata (in particolare se riguarda persone viventi e la documentazione non sia recente, anche se relativa d atti e certificati di morte o documenti di persone decedute), può essere richiesto alle autorità straniere la verifica della validità di tali dati (e in questo caso il procedimento per il quale è stata richiesta la documentazione viene sospeso fino alla risposta dell'autorità straniera), oppure potrebbe essere considerata non ricevibile qualora sia stata rilasciata da oltre 6 mesi. In caso ci siano discordanze dei dati presenti entro e tra i vari documenti prodotti (nomi, cognomi, date di nascita, età errati, altri errori, incongruenze e più in generale mancanza di corrispondenze sugli atti di stato civile) queste discordanze vanno rettificate dall’Autorità Straniera. Relativamente alle discordanze, si ricorda quanto disposto dalla Direzione Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Ministero dell’interno e comunicato a questo Ufficio con nota prot. n. 9511 del 14/03/2014: “…condizione imprescindibile per poter procedere al riconoscimento in via amministrativa dello status civitatis jure sanguinis nei confronti di discendenti italiani emigrati all’estero è la dimostrazione inequivocabile documentalmente comprovata, della discendenza di costoro dal soggetto originariamente investito dello status di cittadino … attese le numerose discordanze esistenti tra gli atti prodotti che non hanno consentito una sicura ricostruzione della discendenza, né l’acquisizione di elementi certi sulle vicende di cittadinanza degli avi dell’interessato… solo le Autorità straniere possono sanare le predette discordanze attraverso l’effettuazione delle opportune verifiche, ove ne sussistano i presupposti”. L’Ufficiale di Stato Civile è un’autorità amministrativa che si avvale, nello svolgimento dei suoi compiti, di prove esclusivamente documentali e quindi necessita degli atti indicati per legge e non può prestarsi a “interpretare” quanto ricevuto; ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 396/2000 “l’ufficiale dello Stato Civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno”. Le eventuali discordanze riscontrate verranno comunicate agli interessati secondo quanto previsto dalla L. n. 241/1990, che regolamenta il procedimento amministrativo; in base a quanto previsto dall’art. 10 bis si procederà a comunicare quanto, negli atti di Stato Civile stranieri, dovrà essere rettificato dall’Autorità Straniera. Se entro il termine indicato dalla comunicazione del comune non verranno effettuate le correzioni richieste, si procederà, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 396/2000, al rifiuto della domanda. Una volta acquisita l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, corredata dalla documentazione prevista dalla vigente normativa, l’Ufficio dello Stato Civile procede alla verifica di quanto presentato, e nello specifico:
1. Il richiedente il riconoscimento della cittadinanza italiana deve essere effettivamente discendente da cittadino italiano.
Il Regno d’Italia fu costituito il 17 marzo 1861. Il Veneto entrò a farne parte nel 1866, ed il Friuli Venezia Giulia dal 16 luglio 1920. Gli uffici di stato civile sono stati costituiti nel Regno dal primo gennaio 1866, mentre nel Veneto dal primo settembre 1871 e nel Friuli Venezia Giulia e in Trentino dal primo settembre 1924.
L’avo dal quale deriva la cittadinanza italiana del richiedente deve essere nato successivamente alla data di costituzione del Regno d’Italia o alla data di annessione degli altri territori. Se è nato prima, e poi si è trasferito all’estero, occorre verificare la data della sua morte, che deve essere avvenuta successivamente alle sopraindicate date: in tal caso l’avo è deceduto come cittadino italiano, potendo quindi trasmettere il nostro status civitatis. Se la morte, al contrario, è avvenuta in data antecedente, l’avo è morto come cittadino straniero facente parte dello Stato da cui era partito, e quindi anche i suoi discendenti sono rimasti stranieri.
Se l’avo è nato prima della istituzione degli uffici di stato civile e, quindi, non è possibile avere il suo atto di nascita, l’interessato deve presentare il certificato di battesimo rilasciato dalla parrocchia, autenticato dalla Curia Vescovile competente. Occorre solo per verificare che lo stesso sia nato su territorio italiano o che è stato annesso al Regno (Ministero dell'Interno - Massimario dell'Ufficiale di Stato Civile anno 2012).
Per questo accertamento il richiedente deve presentare:
- L’estratto dell’atto di nascita dell’avo emigrato;
- Gli atti di nascita di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente;
- Gli atti di matrimonio dell’avo emigrato e di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente, se coniugato;
- L’atto di morte dell’avo emigrato che sia nato prima della costituzione del Regno d’Italia. Tale atto, benché non indicato nella circolare del 1991, serve a verificare che il decesso sia avvenuto dopo il 17 marzo 1861, se ciò non è desumibile da altri atti.
Gli atti di stato civile formati all’estero debbono essere presentati in regola con le norme sulla traduzione e sulla legalizzazione, o apposizione del timbro di cui alla convenzione dell’Aja del 5 ottobre, almeno che non ci siano convenzioni che esentano da tali formalità.
In vigenza dell’art. 1 della abrogata legge 13 giugno 1912, n. 555, la cittadinanza veniva trasmessa solo per via paterna; la madre poteva trasmetterla solo in particolari situazioni. Solo nel 1983 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale articolo, stabilendo che la cittadinanza italiana potesse essere trasmessa anche dalla madre, con decorrenza dal primo gennaio 1948. Alla luce di ciò l’ufficiale di stato civile nell’esaminare gli atti presentati dal richiedente il riconoscimento deve prestare attenzione alle date di nascita dei discendenti dell’avo, e, se sono nati da madre prima del primo gennaio 1948, essi non sono italiani, e la trasmissione della cittadinanza si è interrotta.
Può capitare che il richiedente non possa produrre un atto di nascita di uno o più dei discendenti, in quanto mai formato nel Paese straniero, oppure presenti un documento denominato «negativo di nascita»; in mancanza dell’atto di nascita non si può procedere al riconoscimento della cittadinanza italiana, perché non si può verificare la continuità della discendenza; in questi casi l’ufficiale di stato civile deve rifiutare la richiesta di riconoscimento. Gli interessati potranno veder soddisfatta la loro richiesta soltanto rivolgendosi alla autorità giudiziaria.
2. La trasmissione della cittadinanza italiana non deve essersi interrotta per la naturalizzazione straniera dell’avo prima della nascita del suo discendente diretto.
Per verificare tale requisito il richiedente deve presentare un certificato rilasciato dall’autorità straniera competente dal quale risulti che l’avo italiano emigrato non si sia naturalizzato, cioè non abbia acquistato la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione.
Anche tale documento deve essere in regola con le formalità della traduzione e legalizzazione.
Nel caso sia avvenuta la naturalizzazione, l’avo ha perso la cittadinanza italiana, e, pertanto, ha interrotto la trasmissione della stessa ai suoi discendenti, che sono rimasti in possesso solo della cittadinanza straniera «iure loci».
3. La trasmissione della cittadinanza non deve essersi interrotta per rinuncia alla cittadinanza stessa espressa da un ascendente del richiedente, o dal richiedente stesso.
Il punto 2 dell’art. 8 della abrogata legge 555/192 specificava che: «Perde la cittadinanza ... chi, avendo acquistato senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana e stabilisca o abbia stabilito all’estero la propria residenza».
Occorre, pertanto, verificare che un ascendente del richiedente, o il richiedente stesso, non abbia dichiarato di rinunciare alla nostra cittadinanza. A questo punto è l’ufficiale di stato civile che, dopo aver ottenuto tutta la documentazione, deve chiedere al Consolato competente per residenza del richiedente e dei suoi ascendenti una attestazione dalla quali risulti che nessuno (dall’avo italiano emigrato al richiedente il riconoscimento della cittadinanza) abbia mai espresso rinuncia alla cittadinanza italiana:
- Per verificare correttamente quale sia il Consolato competente a cui richiedere la sopracitata attestazione, è indispensabile che nel presentare la richiesta per il riconoscimento della cittadinanza italiana, l’interessato sia quanto più possibile preciso nell’indicare i luoghi di residenza e di formazione degli atti di stato civile di sé stesso e dei suoi ascendenti.
- Al fine del riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi della circolare ministeriale K.28.1 dell’8 aprile 1991, si ritiene che, qualora un Consolato, al quale si sia rivolto un Comune italiano per conoscere se una o più persone abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana, comunichi che quelle persone non sono conosciute alla rappresentanza diplomatica, tale risposta sia compiutamente soddisfacente. Infatti, se un soggetto non è conosciuto alla rappresentanza diplomatica e non esiste un fascicolo a lui intestato, significa che non ha rinunciato alla cittadinanza.
COSTI, VINCOLI, TEMPI ED INFORMAZIONI SUL PROCEDIMENTO
Per l’iscrizione anagrafica, le tempistiche e le modalità sono quelle stabilite dalla vigente normativa anagrafica. L’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente del comune deve essere mantenuta fino alla conclusione del procedimento di acquisto della cittadinanza italiana (la cancellazione dall’anagrafe comunale comporterà automaticamente l’interruzione di tale procedimento). L’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis deve essere in bollo (marca da bollo da Euro 16,00) pena la non ricevibilità della stessa. Per il procedimento di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, il richiedente (residente nel comune) deve presentare l’istanza nel giorno dell’appuntamento concordato con l’Ufficio dello Stato Civile. I tempi di lavorazione della pratica sono quelli previsti dal “Regolamento comunale sul procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana a cittadini stranieri di ceppo italiano (iure sanguinis) ex art. 1 l. n. 91/1992 ed ex art. 1 l. n. 555/1912”, approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 13 del 23/03/2023, ovvero 180 giorni, al netto delle interruzioni del procedimento. Si rammenta che ogni appuntamento è riservato ad una sola istanza e che l’Ufficio di Stato Civile di Oricola potrà avviare un solo procedimento per volta. Il personale dell’Ufficio Protocollo non è da considerarsi funzionario incaricato a ricevere la documentazione. Se le istanze non vengono sottoscritte davanti al funzionario incaricato di ricevere la documentazione, deve essere allegato un documento d'identità personale; tale aggiunta, difatti, non rappresenta un mero formalismo, ma piuttosto un onere fondamentale del sottoscrittore, configurandosi come l’elemento diretto a comprovare, non tanto le generalità del dichiarante, ma ancor prima l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica. Da ciò ne consegue che l’omessa allegazione del documento in questione, non integra una mera irregolarità suscettibile di correzione per errore materiale, ma un elemento che rende irricevibile la domanda. Per il rilascio di certificati ed estratti ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana, i tempi sono quelli previsti dall'art. 14 c.2-bis del d.L. n.113/2018, come convertito con L. n.132/2018, ovvero 6 mesi dalla data della richiesta.
RICHIESTA “DIRETTA” DI TRASCRIZIONE DEGLI ATTI DI STATO CIVILE FORMATI ALL'ESTERO
La richiesta all’Ufficio di Stato Civile, da parte di cittadini stranieri, di procedere alla trascrizione dei propri atti di stato civile in quanto discendenti diretti da un cittadino italiano o ascendenti di cittadini riconosciuti cittadini italiani, non può essere accolta senza allegare documentazione (passaporto italiano o certificazione di cittadinanza italiana rilasciata dal console italiano), che provi il possesso della cittadinanza italiana da parte del richiedente. In tal senso il richiamo alle seguenti norme:
- artt.12 e 17 del d.P.R. n.396/2000;
- art.1 della L. n.91/1992, fanno riferimento a fattispecie completamente diverse e non possono essere fondamento per legittimare la richiesta.
La trascrizione degli atti di stato civile formati all'estero, nella fattispecie in esame, ha come effetto sostanziale quello di formalizzare e concretizzare l'avvenuta dichiarazione di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis. Precisamente quando la trasmissione in Italia degli atti di stato civile ai fini della trascrizione avviene tramite l'autorità consolare all'estero, e il Consolato effettuerà la trasmissione, previa verifica della regolarità degli atti, soltanto a conclusione di un procedimento di verifica del possesso della cittadinanza italiana.
Quando invece la richiesta di trascrizione degli atti di stato civile viene effettuata direttamente dagli interessati, all'ufficiale di stato civile è richiesto di verificare che il richiedente sia cittadino italiano.
Pertanto per ottenere la trascrizione dell'atto come cittadino italiano, non è sufficiente presentare all'ufficiale dello stato civile un atto di nascita semplicemente invocando il possesso della cittadinanza italiana per discendenza: se così fosse qualsiasi cittadino potrebbe farlo, eludendo la legge ed evitando qualsiasi ulteriore adempimento. È invece necessario che la trascrizione dell'atto sia preceduta da un procedimento ricognitivo sulla sussistenza dei requisiti che avrebbero consentito la trasmissione della cittadinanza all'avo fino al richiedente, e in tal caso l'ufficiale di stato civile è competente allo svolgimento di tale adempimento soltanto se l'interessato è residente nel Comune; viceversa, se l'interessato risiede all'estero, la competenza è del Consolato (vedi parere del Consiglio di Stato, sez. I, n.3759/2013 del 20/02/2019, e la circolare del Ministero dell'Interno n.8/2019).
RICONOSCIMENTO GIUDIZIALE DELLA CITTADINANZA ITALIANA IURE SANGUINIS: NECESSITÀ CHE LA PRONUNCIA DEL TRIBUNALE SIA DEFINITIVA
Con il riconoscimento giudiziale della cittadinanza italiana iure sanguinis, affinché l’Ufficiale dello stato civile possa procedere alla trascrizione dell’atto di nascita di un cittadino, è necessario che l’atto sia accompagnato dalla pronuncia definitiva del tribunale. Infatti l’Ufficiale dello stato civile per poter provvedere alla trascrizione nei registri di sentenze o ordinanze dichiarativa della cittadinanza italiana iure sanguinis, deve controllare che l'istanza di trascrizione sia accompagnata dall'apposita attestazione di cancelleria (ovvero del certificato di passaggio in giudicato), di cui l'art.124 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale.
In questo senso si è espressa la giurisprudenza in due sentenze: Tribunale di Mantova, prima sezione civile, decreto del 16/09/2021, e il Tribunale Ordinario di Treviso, prima sezione civile, sentenza del 28/09/2021.
In particolare le sentenze hanno richiamato la "giurisprudenza di legittimità secondo cui le sentenze di accertamento e quelle costitutive non hanno, ai sensi dell'art.282 del codice di procedura civile, efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la norma citata, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto a quelle sentenze (di condanna) suscettibili del procedimento disciplinato dal terzo libro del codice civile.".